Dopo una settimana intensa a Baku, nelle prime ore di domenica è stato trovato un accordo che ha impedito il collasso dei negoziati. Tuttavia, la cifra stabilita di 300 miliardi di dollari annui non soddisfa i Paesi in via di sviluppo, che avevano richiesto ben 1.300 miliardi per contrastare gli effetti del cambiamento climatico.
Domenica mattina, il presidente della Cop29, Mukhtar Babayev, ha comunicato l’accordo sul supporto finanziario dei Paesi sviluppati a favore dei Paesi in via di sviluppo nella loro lotta contro il cambiamento climatico.
Il discorso di Babayev è stato accolto da un’ovazione prolungata. Tuttavia, questo applauso ha nasconduto il clima teso che ha caratterizzato le trattative prima dell’accordo. Durante il sabato precedente, i negoziati si sono avvicinati al fallimento, poiché i Paesi in via di sviluppo avevano temporaneamente abbandonato i colloqui.
La cifra di 300 miliardi di dollari è stata severamente criticata, definita “insufficiente” da un delegato indiano. Sentimenti simili sono stati espressi da molti altri partecipanti, in particolare dai rappresentanti dei Paesi in via di sviluppo che puntavano a un importo significativamente più alto: 1.300 miliardi di dollari.
Ani Dasgupta, presidente e amministratore delegato del World Resources Institute, ha sottolineato che la somma concordata è “un primo passo importante verso un futuro più equo e sostenibile”, ma ha anche notato che le nazioni più povere e vulnerabili “hanno ragione a essere deluse dal fatto che i Paesi ricchi non abbiano messo sul tavolo cifre più significative, considerando che sono in gioco le vite di miliardi di persone.”
Ora, l’attenzione si concentrerà sull’implementazione del testo finale dell’accordo della Cop29 e su come gli altri attori possono contribuire a colmare il divario nel finanziamento per il clima.
Il ruolo di attori pubblici e privati nel finanziamento climatico
Nel documento finale della Cop29, è contenuto un invito a tutte le parti a collaborare utilizzando “tutte le fonti di reddito pubbliche e private” per avvicinarsi all’ambiziosa cifra di 1.300 miliardi di dollari.
Questa richiesta si rivolge alle banche multilaterali di sviluppo, strutture la cui missione principale è combattere la povertà e promuovere lo sviluppo economico, e al settore privato, affinché uniscano le forze per colmare il divario nei finanziamenti per il clima che i governi da soli non possono (o non vogliono) coprire.
Le aspettative nei confronti delle banche multilaterali sono elevate, poiché esse sono sostenute dai governi e finanziate dai contribuenti dei Paesi membri. Attualmente, sono la principale fonte di finanziamento per il clima verso le nazioni in via di sviluppo.
Queste istituzioni sono tenute a fornire assistenza finanziaria, spesso a tassi ridotti rispetto al settore privato. Un esempio può essere il finanziamento di una ferrovia necessaria per stimolare la crescita economica in una regione, oppure prestiti per la costruzione di impianti di energia rinnovabile.
Fra questi enti, si distingue la Banca Mondiale, insieme alla Banca Asiatica di Sviluppo con sede a Manila, e la Banca Africana di Sviluppo (AfDB) con sede ad Abidjan, Costa d’Avorio.
Il contributo delle banche di sviluppo è stato cruciale per raggiungere l’obiettivo del 2009 di destinare centinaia di miliardi di dollari all’anno ai Paesi in via di sviluppo per affrontare il cambiamento climatico. Secondo il sistema di reportistica dei creditori dell’OCSE, i finanziamenti per il clima forniti a tali Paesi sono triplicati dal 2013 al 2022.
Tuttavia, per il futuro, le banche multilaterali necessiteranno di ulteriore supporto per conseguire gli obiettivi stabiliti.
L’auspicio di includere il richiamo a fonti private nel testo finale della Cop29 è quello di stimolare investitori, come le banche, a unire le forze nella lotta per raggiungere l’obiettivo di 1.300 miliardi di dollari.
Nel 2022, gli investitori privati hanno contribuito con soli 22 miliardi di dollari ai finanziamenti climatici, un importo decisamente inferiore rispetto ai 41 miliardi forniti dai governi stranieri, considerati comunque insufficienti.
Destinazione dei fondi
L’accordo raggiunto nel fine settimana sostituisce quello di 15 anni fa, che aveva stabilito per i Paesi sviluppati l’impegno di destinare cento miliardi di dollari ogni anno per il sostegno climatico ai Paesi in via di sviluppo.
Il nuovo accordo di Baku ha obiettivi affini e intende supportare i Paesi in via di sviluppo nel fronteggiare gli impatti già in atto dell’innalzamento delle temperature globali e dei cambiamenti climatici. Questo comporta il finanziamento della transizione dai combustibili fossili verso forme di energia pulita, oltre alla costruzione delle strutture necessarie per implementare su vasta scala tecnologie come l’energia eolica e solare.
Inoltre, le aree colpite da fenomeni meteorologici estremi necessiteranno di risorse per adattarsi e prepararsi a eventi come alluvioni, tifoni e incendi. Anche le pratiche agricole dovranno essere adattate per aumentare la resilienza agli estremi climatici, così come il settore edilizio.
Foto crediti & articolo ispirato da: Euronews