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La Niña in Europa: impatti sul clima invernale 2023-2024

Un evento climatico potrebbe portare temperature più fredde del solito in tutta l’Europa occidentale. Se si verificherà, seguirà un’estate caratterizzata da instabilità a causa degli effetti di El Niño.

Dopo intensi dibattiti sull’eventualità di un fenomeno climatico come La Niña quest’autunno, il Centro di Previsione Climatico della National Oceanic and Atmospheric Administration ha confermato un 60% di probabilità di sviluppo, che potrebbe protrarsi fino a marzo.

La Niña rientra nel ciclo climatico naturale, ma, simile all’El Niño, può generare condizioni meteorologiche estreme in tutto il globo.

Questo fenomeno si manifesta quando le temperature della superficie marina nell’Oceano Pacifico centrale e orientale scendono al di sotto della norma. In sostanza, rappresenta l’opposto della fase calda di El Niño.

Sia La Niña che El Niño possono influenzare i modelli climatici globali, inclusi quelli europei, anche se l’intensità degli effetti può differire notevolmente in base alla distanza dal Pacifico.

Questa distanza implica che gli impatti possano essere facilmente disturbati dai modelli meteorologici tipici del luogo, complicando le previsioni sui loro effetti specifici in Europa. Ogni evento è unico nel suo genere.

Possibili effetti di La Niña sull’inverno europeo

All’inizio di ottobre, gli esperti dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale hanno indicato una significativa probabilità di condizioni di La Niña tra ottobre e febbraio.

Stando alle dichiarazioni degli scienziati, questo inverno potrebbe presentarsi con un evento di forza da debole a moderata, con un potenziale indebolimento previsto all’inizio del 2025.

In generale, La Niña è associata a temperature più basse del normale nell’Europa occidentale. I meteorologi anticipano un abbassamento delle temperature sul continente per i mesi di novembre e dicembre.

Inoltre, questo fenomeno è spesso collegato a condizioni più fredde e umide sulle Alpi, il che potrebbe tradursi in nevicate più frequenti e abbondanti. Dopo la carenza di neve che ha portato alla chiusura di varie località, La Niña potrebbe risultare un evento ben accolto da alcuni.

Al contrario, in altre nazioni europee, le nevicate tendono a essere meno abbondanti; i Paesi del nord-ovest e del sud-est possono rimanere più asciutti del normale, mentre le regioni del sud-ovest potrebbero registrare una maggiore piovosità.

A inizio ottobre, vari settori dell’Europa occidentale e centrale hanno già subito gli effetti delle tempeste provenienti dall’Atlantico.

Da questo mese, Francia, Regno Unito e Scandinavia si confermeranno come le regioni più fredde fino a ottobre, con temperature che probabilmente risulteranno più basse rispetto all’anno passato.

Tuttavia, molti meteorologi sostengono che, a causa dell’influenza di La Niña, le temperature potrebbero comunque mostrarsi più calde rispetto alle medie storiche.

Il fenomeno di La Niña e la sua frequenza

La Niña, conosciuta come la fase fredda dell’Oscillazione Meridionale El Niño, è caratterizzata da variazioni nelle temperature dell’aria e degli oceani nel Pacifico, con un’intensificazione degli alisei e il riemergere di acque fredde dalle profondità oceaniche.

Di conseguenza, si registrano temperature oceaniche più basse della media nel Pacifico orientale, fattore che incide sulla posizione della corrente a getto, una sottile striscia di aria in rapido movimento che transita da ovest a est lungo il pianeta, deviandola verso nord.

Negli ultimi tre anni, dal 2020 al 2023, il pianeta ha sperimentato un evento di La Niña “triple dip”, il primo dall’epoca 1973-1976.

Tuttavia, secondo i ricercatori, non sorprende che La Niña tenda a persistere più a lungo e a verificarsi con maggiore frequenza rispetto agli eventi di El Niño.

Il legame tra La Niña, El Niño e il cambiamento climatico

Molti scienziati ritengono che i rapporti tra cambiamento climatico e fenomeni come La Niña ed El Niño siano ancora da chiarire, ma è innegabile che questi eventi contribuiscano a intensificare le condizioni meteorologiche estreme a livello globale.

Negli anni recenti, le precipitazioni hanno mostrato un andamento variabile, discostandosi dalle medie storiche e dai modelli tradizionali.

Il crescente livello di gas serra dovuto all’uso prolungato di combustibili fossili ha incrementato la frequenza e l’intensità di eventi climatici estremi, come indicato in un rapporto del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc).

Il climatologo Paul Roundy sostiene che i modelli di simulazione abbiano difficoltà a separare la normale variabilità dei cicli di El Niño e La Niña dall’influenza del cambiamento climatico sul riscaldamento degli oceani e dell’atmosfera.

In conclusione, Roundy ha affermato all’agenzia di stampa Ap: “Non si può dire che il cambiamento climatico non stia aumentando la frequenza degli eventi di El Niño. Semplicemente, la natura presenta oscillazioni così accentuate in modo autonomo. Quindi, potremmo vedere più eventi di La Niña, e magari tra 40 o 50 anni, la situazione sarà invertita”.

Foto crediti & articolo ispirato da: Euronews

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