Gli Stati Uniti hanno raggiunto la Luna per la prima volta dopo cinquant’anni. Ma quali sono le vere complessità dell’allunaggio?
Finalmente, dopo mezzo secolo, gli Stati Uniti hanno completato un atterraggio lunare. Il razzo SpaceX ha lanciato il lander lunare della compagnia privata Intuitive Machines dal Kennedy Space Center in Florida, percorrendo una distanza di 400.000 km fino a raggiungere la sua meta: l’emisfero meridionale della Luna.
A bordo del lander si trova l’attrezzatura spaziale della NASA, progettata per preparare la Luna a future esplorazioni umane.
Bill Nelson, amministratore della NASA, ha descritto il lancio come “una nuova avventura nella scienza e nella leadership americana nello spazio”. “Questo traguardo rappresenta un grande successo per tutta l’umanità”, ha dichiarato Nelson in un video pubblicato su X.
Il successo del lander di Intuitive Machines, con sede a Houston, segna l’unico atterraggio riuscito da una navicella americana negli ultimi anni. Altre missioni robotiche, come Chandrayaan-3 dall’India e SLIM dal Giappone, hanno, invece, raggiunto il polo sud lunare recentemente.
Nel frattempo, due navicelle russe e una giapponese hanno fallito nei loro tentativi di atterraggio nell’ultimo anno. A gennaio, anche Astrobotic Technology, un’azienda americana, ha tentato un atterraggio ma ha dovuto abbandonare la missione a causa di una perdita critica di carburante.
Se l’umanità è riuscita a portare uomini sulla Luna più di cinquant’anni fa, perché oggi è così impegnativo far atterrare lander senza equipaggio?
Un atterraggio soft
Markus Landgraf, a capo del programma Moon Future Studies dell’Agenzia spaziale europea (ESA), spiega che un atterraggio morbido è cruciale. I razzi decollano dalla Terra e si dirigono verso la Luna a velocità di 2 km al secondo, mantenendo questa velocità in orbita.
I veicoli spaziali sono dotati di sistemi di guida in grado di calcolare la distanza dalla superficie lunare, senza i quali il team a terra non potrebbe gestire la discesa. Questo rappresenta un momento critico, osserva Landgraf, poiché quando si inizia a “bruciare” il motore del veicolo, il processo di atterraggio diventa irrevocabile.
“La domanda diventa… quanto forte atterrerete?“, illustra Landgraf. “E per un atterraggio delicato, come si può ridurre [la velocità] ?”.
Landgraf sottolinea che per un atterraggio soft, il motore deve funzionare continuamente per circa dieci minuti per liberarsi della velocità accumulata in orbita.
Dopo questo, è necessario rallentare fino a circa 6.479 km/h (1.800 m al secondo), affinché il veicolo possa toccare la Luna senza danneggiarsi. Ogni componente deve funzionare alla perfezione per garantire un atterraggio riuscito.
Solo cinque paesi hanno completato un atterraggio soft con missioni esclusivamente robotiche: l’atterraggio di Luna 9 dell’ex Unione Sovietica, la missione Surveyor 1 degli Stati Uniti nel 1966 e più recentemente Cina, India e Giappone.
Landgraf evidenzia che per le missioni umane, l’atterraggio è relativamente più semplice, perché c’è una certa flessibilità nella risoluzione dei problemi, potendo gli astronauti intervenire in caso di imprevisti. In situazioni critiche, infatti, gli astronauti possono disimpegnarsi dalla navicella e tornare sulla Terra, una possibilità che non esiste per le missioni totalmente robotiche.
Le sfide legate all’atterraggio lunare non si limitano però alla velocità del veicolo spaziale. Una volta vicino al satellite terrestre, ci si imbatte in un terreno estremamente irregolare.
Storicamente, la maggior parte delle missioni lunari ha scelto di atterrare vicino all’equatore lunare, dove il suolo è principalmente pianeggiante e più facile da affrontare.
È particolarmente impressionante che il lander di Intuitive Machines abbia scelto di atterrare nell’emisfero sud della Luna, un’area inesplorata, caratterizzata da una superficie più scura e accidentata rispetto alle regioni già visitate.
“Illuminare [il polo sud] è molto complesso a causa delle lunghe e profonde ombre, rendendo difficile per il computer riconoscere il terreno e decidere come atterrare”, chiarisce Landgraf.
La polvere può disorientare
Nicolas Peter, presidente dell’Università spaziale internazionale (ISU) in Francia, evidenzia un altro aspetto critico: la polvere lunare. “Al momento dell’atterraggio, la polvere sollevata dal suolo può accecare i sensori e complicare le operazioni”, avverte.
Nonostante il trionfo tecnologico delle Macchine Intuitive, il successo dell’operazione è stato anche frutto di una certa dose di fortuna.
“A volte la combinazione di fattori può compromettere una missione, e non c’è nulla da fare”, afferma Landgraf. E anche se l’atterraggio è stato coronato da successo, ci sono ancora sfide da superare. Il team doveva garantire che il rover potesse sopravvivere a un lungo e gelido periodo notturno di 14 giorni sulla Luna per raccogliere i dati scientifici necessari.
L’ultimo aggiornamento di Intuitive Machines su X indica che il loro rover, Odysseus, è “vivo e vegeto”. I team stanno ora comunicando con il robot per determinarne la posizione precisa sulla Luna e per scaricare i dati scientifici già raccolti dalla sua superficie.
Foto crediti & articolo ispirato da: Euronews