Sanzioni Russia: Asia Centrale tra UE e alleanze con Putin

Le imprese russe stanno sempre più orientando le loro attività verso l’Asia centrale come strategia per eludere le sanzioni imposte a seguito dell’invasione dell’Ucraina. Gli Stati di quest’area, tuttavia, si confrontano con il rischio di diventare “Paesi terzi”, facilitatori per Mosca nell’aggirare le misure di sanzione e, di conseguenza, potrebbero subire rappresaglie da parte di UE e Stati Uniti.

Sebbene la Federazione Russa stia cercando di intensificare la cooperazione con i Paesi limitrofi in Asia centrale, le ex repubbliche sovietiche stanno adottando un atteggiamento più cauto per evitare di incorrere nel rischio di sanzioni da parte dell’Unione Europea e degli Stati Uniti.

Secondo un rapporto di luglio pubblicato dal portale russo di notizie economiche Rbc, le banche asiatiche centrali hanno rifiutato il 33% in più delle richieste di transazioni finanziarie provenienti da aziende russe.

Questa stretta arriva a seguito dell’aumento delle sanzioni occidentali contro le aziende locali ritenute colpevoli di assistere la Russia nel bypassare tali misure. Molti Paesi dell’Asia centrale si trovano quindi di fronte a un difficile dilemma: necessitano delle tecnologie e dei mercati occidentali per la loro crescita, pur temendo di allontanarsi completamente da Mosca.

Questa complessità è stata riconosciuta anche da David O’Sullivan, inviato dell’Unione Europea per le sanzioni, il quale ha apprezzato l’approccio del Kazakistan in merito a questi cooperazioni.

Perché la Russia è attratta dall’Asia centrale?

I Paesi situati lungo il confine meridionale della Russia, come Kazakistan, Kirghizistan, Uzbekistan e Tagikistan, stanno offrendo a Mosca accesso a risorse finanziarie e beni che sono diventati scarsi a causa delle sanzioni internazionali.

Un caso emblematico è rappresentato dall’apertura di conti bancari da parte della classe media russa in Kazakistan e Kirghizistan, per poter effettuare acquisti di prodotti occidentali.

Stando ai dati riportati da Rbc, il volume delle vendite di auto occidentali in Kazakistan a clienti russi è schizzato su del 143% nel 2023, nonostante la riluttanza dei concessionari a mettere a rischio altre loro vendite internazionali.

Migliaia di imprese russe si trasferiscono in Kazakistan

Dopo la Georgia, che si trova più a ovest nel Caucaso, il Kazakistan rappresenta oggi il rifugio preferito per gli imprenditori russi, con oltre 6.000 aziende migrate in questo Paese lo scorso anno, come riportato dalla rivista Forbes.

Questa tendenza potrebbe generare benefici a lungo termine per le economie locali, indirizzando capitani e competenze rubando risorse alla Federazione Russa. Contemporaneamente, potrebbe permettere a Mosca di utilizzare l’Asia centrale come un canale per “dirottare” beni dall’UE, violando così le sanzioni imposte.

Non sorprende il fatto che le esportazioni dall’UE verso la Russia siano calate del 53% tra il 2021 e il 2023, mentre quelle provenienti dal Kazakistan sono aumentate regolarmente nello stesso periodo, con un piccolo declino previsto per il primo semestre del 2024.

Seppur non sia possibile quantificare con precisione la percentuale di prodotti occidentali tra queste esportazioni, è probabile che essa sia significativa. In particolare, i beni più sensibili sono quelli che possono supportare la macchina bellica e lo sviluppo militare russo, come microelettronica e tecnologie avanzate.

I dati commerciali dell’UE indicano un aumento sostanziale delle esportazioni dall’Asia centrale verso la Russia di beni cosiddetti dual use (“a duplice uso”), ovvero quelli utilizzabili sia per fini militari che civili.

Le esportazioni di beni di questo tipo dal Kazakistan verso la Russia sono aumentate del 401% nel 2022 rispetto all’anno precedente, prima di registrare una leggera diminuzione nel 2023, principalmente a causa degli avvertimenti da parte dell’Occidente, secondo i dati delle Nazioni Unite.

Anche Kirghizistan e Uzbekistan hanno visto crescere le loro spedizioni commerciali verso la Russia di centinaia di punti percentuali.

Il ruolo della Cina in Asia Centrale a sostegno di Mosca è poco chiaro

Non è un mistero che ci siano aiuti discreti alla Russia, ben documentati da dati e rapporti di media e centri di ricerca.

Nel suo rapporto 2024, l’Organised Crime and Corruption Reporting Project (Occrp) ha messo in luce un piano per l’acquisto, tramite una società kazaka, di attrezzature hi-tech e semiconduttori dall’Europa destinati alla Russia. Secondo Occrp, circa il 7% di tutti i beni spediti dal Kazakistan alla Russia appartiene a questa categoria di duplice uso.

Il fenomeno delle elusioni delle sanzioni ha impattato positivamente sul PIL del Kirghizistan, accrescendo il valore di un intero punto percentuale, come osservato da Alexei Yeremenko, co-direttore della società di consulenza Control Risks.

I ricercatori di Occrp evidenziano anche che c’è stata una crescita considerevole dell’interscambio commerciale tra i Paesi dell’Asia centrale e la Cina, tanto da rendere difficile valutare le dimensioni e la tipo di spedizioni destinate alla Russia tramite questi stati terzi.

Le sanzioni contro la Russia sono vincolanti per i Paesi dell’Asia centrale?

Fino ad oggi, nessun Paese dell’Asia centrale ha aderito agli sforzi dell’Occidente per sanzionare la Russia in seguito all’invasione dell’Ucraina. Tuttavia, l’impegno è quello di non fornire assistenza a Mosca nel tentativo di sviare le restrizioni.

Tom Keatinge, direttore del Financial Crime and Security Centre presso il Royal United Services, spiega che poiché le sanzioni contro la Russia non sono state emanate dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, non esiste un obbligo per i Paesi colpiti a rispettarle se non quello unilaterale di coloro che le hanno imposte.

Tuttavia, è importante considerare che quando Stati Uniti o Unione Europea prendono tali decisioni, come è accaduto sia per la Russia che in precedenza per l’Iran in relazione al programma nucleare, altri Paesi possono facilmente allinearsi su tali misure per ragioni politiche ed economiche.

In questo contesto, i Paesi dell’Asia centrale tendono a evitare conflitti con l’Occidente per preservare l’accesso a Swift, il sistema di pagamento internazionale, nonché il flusso di beni e investimenti provenienti dall’Occidente e le agevolazioni fiscali e tariffarie di cui usufruiscono nel commercio bilaterale.

Il Kazakistan è un esempio emblematico, dove il presidente Tokajev ha espresso chiaramente l’intenzione di non voler compromettere tali rapporti economici in nome del supporto a Putin. È innegabile, però, che le relazioni commerciali con la Russia rappresentano un elemento considerevole per il Paese.

La Russia costituisce il 19% degli scambi commerciali di Kazakistan, Kirghizistan e Uzbekistan, che beneficiano anche di forniture a basso costo di gas dalla Russia.

Il prezzo di acquisto nel 2023 si è attestato a 160 dollari per mille metri cubi, con possibilità di rivendita su altri mercati attraverso la Turchia a prezzi variabili tra 257 e 320 dollari, un affare di non poco conto per cui le autorità locali potrebbero avere difficoltà a rinunciare.

Cosa può fare l’Occidente per prevenire traffici attraverso Paesi terzi?

Fino ad ora, UE e Stati Uniti si sono impegnati principalmente sul piano diplomatico per incoraggiare i partner della Russia a ridurre la loro dipendenza commerciale, simile a quanto effettuato dall’Unione Europea e dall’Italia nel trovare fornitori energetici alternativi a Mosca.

L’Office of Foreign Assets Control (Ofac), l’agenzia delDipartimento del Tesoro statunitense responsabile della gestione delle sanzioni, ha inserito nella lista nera otto aziende kazake, tredici kirghize e dodici uzbeke per presunti legami con la Russia.

Molti esperti sostengono che l’Occidente dovrebbe adottare misure più severe, come un divieto totale su forniture di energia o su componenti di microelettronica, macchinari e attrezzature aerospaziali.

Tuttavia, non sembrerebbe che l’Occidente abbia intenzione di colpire i Paesi vicini a Mosca con sanzioni della stessa entità di quelle imposte alla Bielorussia, in quanto la situazione politica tra i governi dell’Asia centrale è ben diversa da quella di Minsk.

In aggiunta, c’è il timore del crescente espansionismo di Putin, che ha affermato più volte di considerare le ex repubbliche sovietiche come parte della sua sfera d’influenza.

Exit mobile version