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Google condannato per monopolio nelle ricerche online

Google ha subito una significativa sconfitta in una causa antitrust riguardante il suo predominio nel settore della ricerca online.

Lunedì, un giudice statunitense ha stabilito che Google ha utilizzato la sua posizione dominante per creare un monopolio e schiacciare la concorrenza. Questa sentenza rappresenta un momento cruciale, in grado di alterare gli equilibri nel panorama delle grandi aziende tecnologiche.

L’azienda ha comunicato la sua intenzione di presentare appello.

La decisione è giunta quasi un anno dopo l’inizio del processo, che vede contrapposte le autorità a Google in quella che è stata definita la causa antitrust più rilevante negli Stati Uniti da decenni.

“Dopo un’attenta riflessione sulle testimonianze e sulle prove, la Corte è giunta alla conclusione che Google agisce come un monopolista, mantenendo il proprio monopolio”, ha dichiarato il giudice distrettuale Amit Mehta nel suo lungo documento di 277 pagine.

Questo rappresenta un duro colpo per Google e per la sua società madre Alphabet, la quale sostiene che il suo successo derivi dall’innegabile desiderio degli utenti di avvalersi di un motore di ricerca così efficace, diventato sinonimo di “ricerca online”.

Il monopolio di Google

Quattro anni fa, le autorità antitrust del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti hanno avviato la causa. Il caso ritrae Google come un colosso tecnologico che cerca di proteggere un motore di ricerca che ha generato quasi 240 miliardi di dollari (219 miliardi di euro) di entrate nel corso dello scorso anno.

Gli avvocati del Dipartimento di Giustizia sostenevano che il monopolio di Google le consentisse di imporre prezzi ingiustificatamente elevati agli inserzionisti, mentre, allo stesso tempo, non fosse costretta a investire ulteriormente per migliorare la qualità del servizio offerto.

Come anticipato, la sentenza di Mehta si è concentrata sui miliardi di dollari spesi annualmente da Google per includere il proprio motore di ricerca come opzione predefinita su dispositivi come cellulari e altri gadget tecnologici.

Google ha cercato di deridere queste affermazioni, sottolineando come i consumatori abbiano sempre avuto l’opportunità di cambiare motore di ricerca in caso di insoddisfazione nei risultati.

La conclusione di Mehta, che identifica Google come gestore di un monopolio illegale, avvia una nuova fase legale per stabilire quali modifiche o sanzioni possano essere imposte per riparare il danno e favorire un contesto competitivo più equilibrato.

Foto crediti & articolo ispirato da: Euronews

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